PROVERBI E DETTI POPOLARI

 

  1. Se vò che l’amicizia se  mantenga, ‘na mani vada, ‘na mani venga.                                                                                                                                                                                                                                      

  2. Quanno u porco è satuju voteca u scifu                                                                                                                                                                                        

  3. Nuvole 'nfaccia a cava piglia a zappa e vatte a para, nuvole 'nfaccia a Roma piglia a zappa e va a lavora

  4. Pioggia dalla Duchessa vattenne alla remessa.

  5. Quanno u bove non vò arà è inutile a zezzecà

  6. Si vuluta a bicicletta mo petala

  7. I parenti so come e scarpi, più so stritti e più fau male.

  8. Nu parre mantè cento figli, cento figli non mantingu nu parre.

  9. Chi non da retta a na bona mamma, triste matre non ‘ngi manca.
  10. Gl’ ome che non vedde mai camicia, quanno la vedde se fece na risa.
  11. Se vò raccoglie in abbondanza, ati somentà alla mancanza.
  12. Gobba al levante, luna mancante; gobba a ponente luna crescente.
  13. Se pozza fa l’uva isce a ceracia, l’uva se fa e i non me la magno.
  14. A nève marzolina dura dalla sera alla matina.
  15. Tantu pozza dura a mala vicina, quantu dura a nève marzolina.
  16. U sole a marzu, cie a femmina sventro egliu palazzu.
  17. A nève dicembrina mette a raicina.
  18. Alle cannelore, se fiocca o piove, dall’inverno semo fore, se è mezzo soleteglio, stemo mezzo all’inverneglio.
  19. Chi ho pati e pene e l’inferno và a Foggia d’Estate e a L’Aquila d’inverno.
  20. A biasima gira gira casca ‘ngima a chi la tira.
  21. U meteco và e vè, e lo male è di chi lo tè.
  22. A roba bona se misura a parmi.
  23. Quanno te và a remocceca agliu tutigliu nongiarrivi.
  24. Agliu meglio passu, se scorteca l’asena.
  25. Pasqua, Epifania tutte e feste porta via, arriva S. Ndonone ne reporta u caglione.
  26. U letto come gliu fa te ci reculichi.
  27. Mortu Franciscu se ne fa narru più friscu.
  28. Cristu te chiue na porta e te apre nu portone.
  29. Gira gira, bella mè, finchè truvi u paru te.
  30. Chi de schina, chi de petto, ogniunu tè il suo difetto.
  31. Non sputà pell’aria che te recasca ‘mmocca.
  32. U diaviu quanno te r’alliscia o tà fregato o te sta pè frega.

 

FILASTROCCA: CICU CICU IANNI

Cicu , cicu ianni ne emo a  San giuanni 

Che ngi  portemo na soma de lena

A chi la carechemo alla Cajina Cioppa

Chi l’ accioppata u paiu ‘ella porta

addo ègliu su paiu iu semo missu aju foco

addo ègliu su foco j’à spintu l’acqua

addo èlla s'acqua se ll’è biuta a crapa

addo èlla sa  crapa se ll’è magnata u iupe

addo ègliu su iupe se nne itu

alla macchia se… alla macchia se…alla macchia se

 

MODI DI DIRE

Pitti a catasto: Questa frase veniva usata quando qualcuno faceva lo sbruffone o era di famiglia povera e per prenderlo in giro i paesani poco più ricchi gli dicevano: "Che parli, che parli!!Tu non pitti nemmeno a catasto!!!". Pitti a catasto significa essere iscritto al catasto, cioé possedere delle terre.

 

ANEDDOTI

I Bravi di Villerose

Un aneddoto risalibile al 1650-1700 ci racconta che qualche secolo fa a Sant'Anatolia c'era una brutta usanza secondo la quale quando due persone dovevano sposarsi, il giorno del matrimonio arrivavano da Villerose i "Bravi delle Ville" che per provocare scandalo alzavano la gonna delle future spose. Era il tempo in cui una ragazza de quissi degli Spera doveva sposarsi. Qualche giorno prima del matrimonio il padre di lei si recò dai Bravi e li intimò a non andare in paese il giorno del matrimonio dicendo loro: faciatevi i fatti vostri.

I Bravi andarono ugualmente e quando si avvicinarono alla sposa, il padre della ragazza uscì dalla sua abitazione con in mano un fucile e colpì uno di loro uccidendolo. Gli altri fuggirono e da quel giorno quella brutta usanza dei "Bravi delle Ville" sparì.